DIPINTO DI FRANCESCO ORTALE
Tra il 750 e il 900, in Calabria arrivarono in diversi periodi i monaci dalla Grecia e dall’Asia minore, poi dal Salento e dalla Sicilia. Molti di loro erano persone colte e di famiglia nobile. Dopo un primo periodo di ascetismo, si radunarono nei monasteri (cenobi), dando forte
impulso allo sviluppo del territorio devastato da guerre e carestie. Essi si dedicarono alla coltivazione dei campi, alimentarono scambi e commerci e contribuirono significativamente allo sviluppo dei centri abitati. Anche a San Benedetto Ullano è possibile scorgere segni delle presenze monastiche attraverso la denominazione dei luoghi. La prima traccia è la località boschiva Monte S. Elia, ubicata a ridosso del casale. Anche il fondo Orto dell’Abate designa probabilmente la zona dove un tempo esisteva l’antico cenobio eremitico. Atti notarili del XVI sec. riportano l’esistenza della Cappella di S. Attanassio nel podere di Pecorelli. Localizzata nello stesso versante è da citare anche la fontana di S. Attanassio il cui toponimo popolare è conosciuto con il nome albanese “Kroi i Shën Tanasit”. Il toponimo S.Janni (S.Giovanni) è attestato nella Platea dei fondi del Collegio di S.Adriano.
Francesco Ortale
Vive a Castrovillari (CS), dove ha studiato presso il liceo classico ”G. Garibaldi”; dopo aver conseguito il diploma presso l’istituto magistrale di Trebisacce, ha frequentato l’università di Messina, laureandosi in Giurisprudenza. Dopo aver conseguito l’abilitazione all’esercizio della professione forense, avvia un proprio studio, iscritto all’ordine degli avvocati di Cosenza.
Nel contempo, frequenta l’università di Arcavacata di Rende laureandosi in lettere classiche, svolgendo altresì l’attività di docente presso la scuola pubblica.
L’amore per l’arte sopraggiunge all’improvviso, assorbendo quasi per intero le sue energie e i suoi interessi nel corso dell’ultimo decennio. L’arte di Ortale, per chi lo segue da tempo, è pittura ispirata, è scultura suggerita, senza geometrie. Un’espressività tutta da vedere, intendere e carpire, come i messaggi che vengono trasmessi pretendono, ribadendo la sensibilità da cui s’irradiano, ricca del desiderio umano alla ricerca dell’essenza, quella che dà gusto e consistenza al nostro essere provato ed assetato di verità.